Vincere la sedentarietà e ridurre le malattie cardiovascolari

Studi epidemiologici, clinici e di laboratorio hanno fornito evidenze definitive sulle capacità dell’attività fisica di migliorare le prestazioni fisiche e di ridurre la morbilità e la mortalità cardiovascolare. L’attività fisica, inoltre, sembra in grado di ridurre significativamente il rischio di sviluppare anche altre malattie croniche, quali l’obesità, l’osteoporosi, il diabete, le neoplasie e la depressione.

Per tale ragione, l’esercizio fisico si propone come mezzo preventivo e terapeutico fisiologico, economico ed efficace in numerose condizioni cliniche. La promozione

dell’attività fisica nella popolazione generale, quindi, rappresenta uno degli obiettivi primari delle nostre istituzioni sanitarie.

Nonostante i numerosi dati scientifici a nostra disposizione spingano a seguire uno stile di vita fisicamente attivo, al giorno d’oggi solo una minoranza della popolazione italiana ed europea pratica regolarmente esercizio fisico.

 

 Per attività fisica o esercizio fisico si è inteso qualsiasi movimento corporeo dovuto a contrazione della muscolatura scheletrica ed associato ad un consumo energetico. L’allenamento o training fisico è invece l’attività fisica regolare, strutturata e finalizzata al miglioramento e/o mantenimento dell’efficienza fisica. Per efficienza fisica si è inteso quell’insieme di capacità (flessibilità articolare, forza muscolare, composizione corporea e performance cardio-respiratoria) relative all’abilità di praticare attività fisica e legate ad una riduzione del rischio di mortalità e morbilità cardiovascolare. L’attività sportiva agonistica o competitiva è l’attività fisica finalizzata a performance agonistiche, anche estreme, che prevede la regolare partecipazione a competizioni sportive ufficialmente riconosciute dalle federazioni sportive nazionali ed internazionali. Per attività sportiva non agonisticasi intende l’attività fisica praticata a scopo ludico-ricreativo, sia in modo sistematico che occasionale, che non implica necessariamente sforzi fisici e/o psichici di tipo massimale.

Da tempo l’OMS considera i soggetti sedentari, nelle fasce di età media ed anziana, come individui ad elevato rischio di contrarre malattie degenerative. Secondo le stime

dell’OMS, l’inattività fisica causa annualmente nel mondo 1,9 milioni di morti. Inoltre si stima che globalmente, essa sia causa del 10-16% dei casi di cancro della mammella, di cancro del colon e di diabete mellito e del 22% dei casi di cardiopatia ischemica. È stato stimato che l’eliminazione di un fattore di rischio come la sedentarietà può portare ad una riduzione delle MCV del 15-39%, del 33% di stroke, del 22-33% del cancro del colon e del 18% di fratture ossee secondarie ad osteoporosi. La sedentarietà, quindi, si sta imponendo come il fattore di rischio principale del terzo millennio, non solo nei paesi occidentali, ma anche in quelli in via di sviluppo. Inoltre, con la sempre più larga migrazione dalle zone rurali a quelle urbane di larghe fasce di popolazione e la conseguente riduzione del lavoro muscolare, questo fattore di rischio è destinato ad aumentare progressivamente, potendo potenzialmente provocare nel prossimo decennio un nuovo aumento dell’incidenza delle malattie cardiovascolari.

Nonostante gli effetti benefici sulla salute riconosciuti all’esercizio fisico, la sedentarietà nella popolazione generale e nei pazienti cardiopatici è ancora prevalente.

Le motivazioni che spiegano la scarsa adesione ad un regime di training, le cosiddette “barriere”, sono molteplici. È chiaro che solo con un’azione sinergica dei vari attori interessati (istituzioni, classe medica e scuola) si riuscirà a superare tali barriere e a promuovere uno stile di vita attivo nel nostro paese.

Al terzo millennio, ormai avviato, è giunto il momento di estendere il concetto di tutela delle attività sportive, tipico di una prevenzione di tipo primario, a quello di tutela della salute mediante l’attività fisica, che invece riguarda soprattutto la prevenzione secondaria e terziaria. Ciò si renderà possibile, diffondendo a livello di popolazione il concetto che una regolare ed adeguata attività fisica giova agli individui durante l’intero arco della vita e ancor più dopo i 50 anni, quando la maggior parte delle persone è portata a “tirare i remi in barca” e/o ad “appendere le scarpette al chiodo”. È fondamentale evidenziare che i 50 anni, invece, segnano un momento della mezza età in cui una regolare attività fisica è efficace nel ridurre gli effetti fisici, psicologici e sociali associati all’avanzare dell’età, indipendentemente dal sesso, dalle patologie e dal livello sociale di ognuno di noi.

In altre parole, occorre diffondere la convinzione che un’attività fisica, appropriata e correttamente condotta, può essere divertente e vantaggiosa per tutti e che si associa ad un significativo miglioramento delle capacità funzionali e dello stato di salute. Naturalmente, per aumentare il potenziale di salute della popolazione, l’attività fisica dovrà associarsi anche al mantenimento di un peso corporeo adeguato, ad una corretta alimentazione, all’astinenza dal fumo ed al controllo degli altri fattori di rischio cardiovascolare.

Il ruolo delle istituzioni. Un obiettivo di sanità pubblica di questo genere può essere raggiunto in vario modo. Innanzitutto, è necessario stimolare una maggiore considerazione per l’importanza dell’attività fisica tra i responsabili politici a tutti i livelli, locale, nazionale e internazionale. Risulta fondamentale una capillare educazione ed una corretta informazione della popolazione, associata alla costruzione di impianti sportivi che favoriscano la pratica dell’attività fisica in un regime di sicurezza e in un clima di socializzazione. Inoltre, deve essere previsto che individui con specifiche necessità possano avere esigenze particolari, che dovranno essere soddisfatte per ottimizzare l’adesione all’attività fisica, sia a breve sia a lungo termine: accessi speciali, riduzione delle barriere ambientali, attrezzature adattate, eccetera. La dirigenza politica nazionale e regionale potrà finanziare l’impiantistica sportiva creando collaborazioni con gli enti locali. Gli enti locali ed il CONI potranno creare sinergie tra le attività fisiche di base ed i grandi eventi sportivi.

Il ruolo della classe medica. Per promuovere un idoneo stile di vita e combattere la sedentarietà nella popolazione è fondamentale il ruolo della medicina del territorio. Comunque, dato che il training ha un ruolo centrale non solo in prevenzione primaria ma anche in prevenzione secondaria, sarà compito anche dell’ospedale incentivare l’esercizio fisico a scopi preventivo/terapeutici.

Al fine di aumentare l’adesione al training, sarà importante personalizzare la durata, la frequenza e l’intensità degli esercizi e rapportarli alle patologie di base, all’età, al sesso e alle condizioni socio-ambientali dei pazienti. La classe medica dovrà creare linee guida specifiche per promuovere l’attività fisica in tutti gli strati della popolazione. Le università, i centri di riferimento regionale per la medicina dello sport, gli ordini professionali e le società scientifiche dovranno impegnarsi nel promuovere e sostenere la formazione degli operatori del settore. È chiaro che al fine di promuovere l’attività fisica nella popolazione non si possa prescindere da adeguati controlli sanitari. Una organizzazione tipo “hub and spoke” applicata ai Centri di Medicina dello Sport sembra essere la più idonea per facilitare ed ottimizzare la partecipazione di tutti ai programmi di diffusione dell’attività fisica. Infatti, essa  minimizza i tempi di assistenza e, al contempo, può garantire a tutti uno stile di vita attivo con un basso rischio di eventi avversi.

Il ruolo della scuola. Sin dalla prima infanzia, la scuola dovrà svolgere un ruolo importante nel promuovere uno stile di vita attivo. È necessario, infatti che l’attività fisica venga favorita nelle scuole di ogni ordine e grado, dagli asili alle università. Le scuole dovranno, in maniera specifica, progettare programmi di educazione fisica per i bimbi. Il gioco e lo sport dovranno essere considerati diritti delle nuove generazioni.

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