Su queste pagine elettroniche Il 18-10-2012 è stata data l’opportunità di descrivere, come cronaca di un recente importante seminario di studio che ha visto coinvolti i più noti cardiologi forensi, un recente aspetto della professione medica, la medicina difensiva, che, da fenomeno isolato e circoscritto, ha assunto dimensioni sempre più grandi, tanto da incidere sull’etica, sulla spesa sanitaria per 13 miliardi di euro l’anno e, sul sociale. E’ stato sostanzialmente esposto un bilancio con passività economiche, aumento di costi aggiuntivi assicurativi, problematiche psicologiche per gli attori coinvolti ed in conclusione discredito della classe medica.
Un riesame degli appunti, dopo qualche giorno e la voglia di confrontarsi direttamente con questa problematica, hanno generato la scintilla per una personale ispirazione. Parole provenienti direttamente dal cuore si sono organizzate in un simbolico abbraccio e in breve eccole concatenate razionalmente.
“Mi hanno insegnato a diagnosticare ed a curare il paziente servendomi del tatto, della vista, dell’udito.
Ho toccato, visto ed ascoltato. Accanto a me due insostituibili e fraterni collaboratori, il fonendoscopio e l’elettrocardiogramma. Qualche volta ho chiesto aiuto ad amici sinceri, pochi esami di laboratorio e la radiografia del torace. Mai è mancato il dialogo con il malato e la penna per la prescrizione diagnostica e terapeutica.
Oggi uso internet, gli ultrasuoni, il computer, la consultazione a distanza, i social network, ma continuo a fidarmi dei miei sensi per curare e spero guarire, con immutata passione, responsabilità, senso del dovere, riservando ai miei pazienti l’umanità e l’amore che i maestri mi hanno trasmesso”
Perché questo pensiero? Solo per comunicare che la professione medica deve essere sì arricchita dalla tecnologia ma deve caratterizzarsi sempre per alti livelli di etica. Il nostro paziente è un fratello cui dedicare l’attenzione e l’impegno per la risoluzione di un problema, non solo con la competenza scientifica, ma soprattutto con la disponibilità e l’umanizzazione dei comportamenti.
Formare il medico del terzo millennio più preparato nella comunicazione e più incline all’umanizzazione, renderebbe migliore il rapporto empatico medico-paziente. Tornando al tema di partenza avremmo sicuramente meno medicina difensiva e ridotto contenzioso medico legale. Questa sarebbe la diversa chiave di lettura del fenomeno, forse più in sintonia con il comune vissuto culturale, umanistico e filosofico.
Bari 21/10/2012