Dobbiamo prendere esempio dagli Stati Uniti che negli ultimi mesi del 2012 hanno iniziato un ambizioso progetto, il Medicare, che ha come obiettivo la riduzione del tasso di riospedalizzazione.
La maggiore richiesta di nuovo ricovero si è osservata per i pazienti dimessi dopo infarto miocardico, scompenso cardiaco e polmonite. Discutibile sarà, secondo alcuni, la penalizzazione economica, pari all’1% del rimborso, per gli ospedali con alta riospedalizzazione, ma un deterrente economico, se giustamente applicato, diventa un buon freno a una gestione poco professionale delle risorse economiche destinate alla sanità pubblica.
Se applicato in Italia nella sua interezza, solleverebbe numerose critiche e controversie. Due sono gli ordini di considerazioni o domande: la riospedalizzazione è forse legata alla precocità della dimissione o alla gravità della patologia di base che determina esiti e complicanze?
Nei nostri ospedali il paziente non è mai precocemente dimesso. Si rispettano le linee guida riguardanti i tempi di degenza per patologia. Purtroppo la cronicità e la gravità delle malattie determinano una sempre maggiore richiesta di salute, percepita dall’utente solo con il ricovero in ospedale, che se pur criticato per la scarsa umanizzazione, è considerato l’unica sede dove poter ricevere durante la degenza, ora breve rispetto agli anni passati, cure appropriate ed eseguire accertamenti diagnostici senza altre spese aggiuntive, con facilità di accesso, tempi di esecuzione rapidi e livelli alti di professionalità degli operatori. I pazienti a maggior rischio di riospedalizzazione sono quelli non solo con malattie più gravi, ma anche con condizioni socio-economiche più disagiate. Manca, purtroppo, un valido supporto sociale o di servizi territoriali efficaci che possano prendere in carico la complessità e le disabilità dei pazienti trattati.
La dimissione ospedaliera necessita, anche in presenza di un quadro clinico di particolare gravità, vedi l’infarto del miocardio, di una maggiore pianificazione e coordinamento delle cure future. Un Sistema sanitario efficiente deve garantire un corretto “ritorno a casa” per rendere efficace la convalescenza, trampolino di lancio per la ripresa sociale e lavorativa. E’ fondamentale la pianificazione dei tempi e dei modi per i controlli con protocolli condivisi specifici per la diagnostica e la terapia. Piccoli accorgimenti per evitare duplicazioni d’indagini diagnostiche, vero spreco di denaro pubblico, messe in essere, nel timore di contenziosi medico-legali, per medicina difensiva.
Un territorio efficiente e ben integrato con l’ospedale, riducendo la riospedalizzazione, non è più un promotore di spesa, ma diventa un fautore di risparmio. Nel futuro le risorse destinate alla nostra sanità, a tutt’oggi sempre minori rispetto a quelle messe a disposizione da Germania, Francia e Usa, saranno sempre più esigue. Dobbiamo avere il buon senso, per evitare la distruzione del nostro Sistema Sanitario, modello che molti stati ci invidiano, di saper amministrare quelle poche risorse con l’intelligenza e la saggezza del “buon padre di famiglia”
Bari 24 Aprile 2013