La piccola clinica del cuore dal 25 marzo corrente anno è diventata un grande ospedale multidisciplinare
A due mesi dalle votazioni amministrative la Clinica Mater Dei di Bari diventa alternativa agli ospedali pubblici, Di Venere, San Paolo, Policlinico. Cardiologia, neurologia, cardiochirurgia, medicina interna, ortopedia, emodinamica e a breve anche pronto soccorso, sono le multi specialità che, in un contesto alberghiero, offriranno i servizi richiesti da un’utenza offesa per anni da lunghe liste di attesa, architetture fatiscenti e tecnologie sorpassate. Certo sembra un dono piovuto dal cielo, ma oltre lo spot elettorale cosa nasconde quest’operazione?
La sanità pugliese è reduce da anni di gravosi piani di rientro. Sono stati chiusi e ridimensionati ospedali pubblici che offrivano assistenza a grandi bacini territoriali; solo per la provincia di Bari, Conversano, Monopoli, Putignano, Bitonto e Corato. Al Policlinico e al Di Venere, i Direttori Generali sopprimono Unità Operative semplici e complesse. Da una parte tagli al pubblico, dall’altra apertura e potenziamento di strutture private solo sulla carta, ma, di fatto, mantenute dall’accreditamento pubblico, cioè dalle tasse addizionali imposte ai cittadini pugliesi. Amministratori politici, funzionari e consulenti, medici riciclati come burocrati in strutture sanitarie regionali, con le loro scelte programmatiche rendono la sanità pubblica poco efficiente ed efficace. Turnover bloccato, lungaggini burocratiche, flessibilità inesistente, veti incrociati alle giuste attese di carriera per i medici pubblici capaci, organici inadeguati soggetti a carichi di lavoro intensi, mortificano da anni le professionalità, ritenute anche alte dall’utenza, di tutti gli operatori sanitari.
Viste queste premesse, è lecito porsi alcune domande:
1. Da dove provengono i fondi di finanziamento per quest’operazione?
2. Saranno ancora validi i tetti di spesa per le strutture accreditate?
3. Come e da chi sarà disciplinato l’accesso dell’utenza?
4. Saranno rispettate le norme che regolano i conflitti d’interesse e le incompatibilità per i medici dipendenti in servizio o collocati in pensione?
5. Esisterà un controllo per l’appropriatezza dei ricoveri e delle procedure diagnostiche?
6. Saranno evitate le sperequazioni retributive tra medici sottopagati a scapito di pochi con retribuzioni da capogiro tanto da includerli nelle “Top ten” dei più alti contribuenti nazionali?
E’ un ritorno a un passato non tanto remoto, quando un imprenditore locale, con l’aiuto della classe politica collusa e corrotta, aveva creato una fitta rete di cliniche accreditate mantenute in vita solo con il denaro pubblico. La critica fine a se stessa non è mai costruttiva senza le proposte per la risoluzione dei problemi. Rendiamo la struttura pubblica più flessibile nelle dinamiche del lavoro in entrata e uscita, per esempio con assunzioni di supporto finanziate con contratti a progetto. Incoraggiamo il lavoro per obiettivi e valorizziamo le professionalità tenute di proposito narcotizzate. Dobbiamo dare risposte alle giuste attese dell’utenza con la verifica dei criteri di appropriatezza prescrittiva e diagnostica. Liberiamo gli operatori sanitari da ingabbiamenti burocratici che servono a sottrarre tempo all’assistenza, alle procedure diagnostiche, affiancando al lavoro “burocratico” dei medici figure professionali amministrative (ora un medico per dimettere un solo paziente ha bisogno di due ore per assolvere gli obblighi previsti). Diamo al privato accreditato le stesse regole del pubblico in un regime di libera concorrenza.
Come medico del Servizio Sanitario Nazionale mi sforzo nel quotidiano di evitare l’affossamento dell’ospedale pubblico che credo debba sempre offrire al cittadino utente l’eccellenza diagnostica e terapeutica. La speranza, che è l’ultima a morire, è non vedere politiche sanitarie che sottopongono ad anestesia il pubblico e, al contrario, rianimano il privato accreditato.
Bari 01 aprile 2014