Tutti gli articoli di Riccardo Guglielmi

La Medicina Difensiva nella pratica clinica; impatto sociale ed economico

Secondo una storica definizione dell’Office of Technology Assessment, U.S. Congress, 1994, la Medicina Difensiva si verifica quando “i medici prescrivono test, procedure diagnostiche o visite, oppure evitano pazienti o trattamenti ad alto rischio”.

L’esponenziale aumento del contenzioso medico-legale, registrato nell’ultimo decennio, induce sempre più frequentemente i medici a una maggiore prescrizione di accertamenti clinici e strumentali finalizzati alla propria difesa legale, piuttosto che alla tutela della salute del paziente. Oltre 2/3 degli specialisti ammettono di ricorrere alla medicina difensiva per timore di denunce con conseguente inappropriatezza delle prescrizioni. Importanti sono le implicazioni economiche, sociali ed etiche. Scopo dell’atteggiamento difensivo é quello di evitare costose richieste di risarcimento per sospetta negligenza.

Tale comportamento ha determinato negli ultimi anni una crescita imponente deicosti assicurativi e della spesa sanitaria, quest’ultima incrementata non solo perl’aumento delle richieste di ricovero e di esami specialistici e strumentali, maanche per l’aumento delle prescrizioni, sempre più costose, di farmaci.

Nell’ultimo anno si è stimato che tale porzione di spesa sanitaria nazionale abbiaraggiunto i 13 miliardi di euro, di cui 150 milioni per la sola farmaceutica,rappresentando pertanto un argomento di particolare interesse, in funzione dellaspending review necessaria al superamento dell’attuale crisi economica. Il 53%dei medici dichiara di prescrivere farmaci per ragioni di medicina difensiva e, mediamente, tali prescrizioni sono il 13% circa di tutto il monte prescrittivo, rappresentando circa il 10-17% della spesa farmaceutica globale annua.

Il 75,6% dei medici, prevalentemente di fascia d’età tra i trentacinque e quarantaquattro anni, dichiara di prescrivere visite specialistiche,esami strumentali e di laboratorio per ragioni di medicina difensiva e, mediamente, tali prescrizioni rappresentano il 22,6% circa di tutte le richieste. Anche sui ricoveri la medicina difensiva si appropria di un buon 11%.

Le possibili soluzioni del problema non si limitano a una sempre più meditataapplicazione delle “linee guida” o dei protocolli. E’ necessario un diretto interventolegislativo per definire correttamente l’atto medico e il rinnovamento dei programmi di formazione psicologica, filosofica e storica del medico, favorendo così un migliore rapporto medico paziente, secondo i principi del codice deontologico.

Fonte: dal seminario di cardiologia forense. XXII Congresso Nazionale ANCE. Taormina 13 ottobre 2012

Medicina difensiva. No grazie

Su queste pagine elettroniche Il 18-10-2012 è stata data l’opportunità di descrivere, come cronaca di un recente importante seminario di studio che ha visto coinvolti i più noti cardiologi forensi, un recente aspetto della professione medica, la medicina difensiva, che, da fenomeno isolato e circoscritto, ha assunto dimensioni sempre più grandi, tanto da incidere sull’etica, sulla spesa sanitaria per 13 miliardi di euro l’anno e, sul sociale. E’ stato sostanzialmente esposto un bilancio con passività economiche, aumento di costi aggiuntivi assicurativi, problematiche psicologiche per gli attori coinvolti ed in conclusione discredito della classe medica.

Un riesame degli appunti, dopo qualche giorno e la voglia di confrontarsi direttamente con questa problematica, hanno generato la scintilla per una personale ispirazione. Parole provenienti direttamente dal cuore si sono organizzate in un simbolico abbraccio e in breve eccole concatenate razionalmente.

“Mi hanno insegnato a diagnosticare ed a curare il paziente servendomi del tatto, della vista, dell’udito.

Ho toccato, visto ed ascoltato. Accanto a me due insostituibili e fraterni collaboratori, il fonendoscopio e l’elettrocardiogramma. Qualche volta ho chiesto aiuto ad amici sinceri, pochi esami di laboratorio e la radiografia del torace. Mai è mancato il dialogo con il malato e la penna per la prescrizione diagnostica e terapeutica.

Oggi uso internet, gli ultrasuoni, il computer, la consultazione a distanza, i social network, ma continuo a fidarmi dei miei sensi per curare e spero guarire, con immutata passione, responsabilità, senso del dovere, riservando ai miei pazienti l’umanità e l’amore che i maestri mi hanno trasmesso”

Perché questo pensiero? Solo per comunicare che la professione medica deve essere sì arricchita dalla tecnologia ma deve caratterizzarsi sempre per alti livelli di etica. Il nostro paziente è un fratello cui dedicare l’attenzione e l’impegno per la risoluzione di un problema, non solo con la competenza scientifica, ma soprattutto con la disponibilità e l’umanizzazione dei comportamenti.

 

Formare il medico del terzo millennio più preparato nella comunicazione e più incline all’umanizzazione, renderebbe migliore il rapporto empatico medico-paziente. Tornando al tema di partenza avremmo sicuramente meno medicina difensiva e ridotto contenzioso medico legale. Questa sarebbe la diversa chiave di lettura del fenomeno, forse più in sintonia con il comune vissuto culturale, umanistico e filosofico.

Bari 21/10/2012

Il saluto dell’ANCE al XLI congresso nazionale di Cardiologia pediatrica

 XLI Congresso Nazionale della Società Italiana di Cardiologia Pediatrica
Bari, 12 – 15 ottobre 2011 – Hotel Sheraton Nicolaus

 

Saluto dell’A.N.C.E. alla cerimonia inaugurale

 

Cari Colleghi, Amici, Gentili signore,

 

l’ANCE come tutte le Società del Territorio è una organizzazione che da sempre è aperta a tutte le sinergie che agevolino lo scambio culturale e associativo tra le varie organizzazioni territoriali.

In generale, non può che essere positivo pensare che l’iniziale unità della Cardiologia Italiana và riconosciuta alla Federazione Italiana della Cardiologia, che si è adoperata negli anni affinché si realizzasse una unità di obiettivi per la Gestione del paziente cardiopatico, anche se non sono mancate perplessità, con conseguenti ritardi alla realizzazione di uno scambio inter-culturale-associativo delle forze cardiologiche italiane.

La cardiologia del Territorio, specie l’A.N.C.E., è maturata nei suoi trenta anni di attività, grazie alla primogenitura dell’intuizione associativa che ha unito i cardiologi pratici ambulatoriali in una specifica Società scientifica, fino ad essere uno dei componenti di un Consiglio Federale Consultivo allargato della Federazione, composto da  rispettabili Società e altri Gruppi di studio di varia tipologia e di varia estrazione.

Si riflette oggi sull’opportunità di superare la parcellizzazione e frantumazione della Cardiologia Italiana. Siamo certi e convinti che ogni organizzazione debba avere e conservare la propria identità, che si debba studiare insieme e praticare forme di collaborazione e partecipazione allargata e la nostra presenza a questo evento ne è la testimonianza.

 

Nel tempo si sono formate molte Società Scientifiche nella cardiologia, spesso in risposta a nuove tecnologie. Da qui linguaggi differenti, difficoltà di comunicazione, mentre nasce ed è sempre più forte la richiesta indiscriminata di salute e di più anni alla vita; il medico attuale, educato alla cura del singolo evento, non ha armi  idonee. L’orientamento  nozionistico su linee guida, Medicina basata sulle evidenze, non porta con sé  la  cultura della formazione umanistica ed umanitaria della Medicina. In poche parole è aumentata la dicotomia tra formazione ed informazione, tra doveri pubblici ed aspirazione etico professionale.

Da questa premessa  bisogna partire per effettuare  le nostre scelte di società scientifiche del territorio, con scambi continui e generosa collaborazione tra figure professionali che sempre più operano in forma interdisciplinare. Va cercata una forte e convinta collaborazione professionale e lo scambio culturale con tutte le discipline che trasversalmente sono coinvolte nella cardiologia, ed è questo il motivo per il quale abbiamo accettato il cortese invito a partecipare a questo evento.

La cardiologia non ha bisogno di contrapposizioni che non ci porteranno da nessuna parte. Ha bisogno solo di unità.

La cardiologia del territorio molto può apportare ad una importante e significativa parte della cardiologia come è  quella pediatrica. La grave cardiopatia non certo sfugge al neonatologo o al pediatra, considerando che oggi le diagnosi sono anche prenatali, ma la piccola malformazione, il disturbo del ritmo, spesso sfuggono al clinico più attento.  Proprio dal territorio potranno giungere i segnali di una patologia sospetta e da approfondire nelle sedi idonee. Al territorio una ricerca di primo livello considerando la riduzione della medicina scolastica e la scomparsa dell’attività di screening della medicina militare con la cessazione della leva obbligatoria. Il cardiopatico congenito, grazie ai progressi della cardiochirurgia e della medicina interventista, diventa oggi adulto e richiede cure, assistenza o controlli alla cardiologia ambulatoriale. Quello che auguriamo è la realizzazione anche a livello nazionale di un progetto di integrazione, condiviso, tra territorio, ospedale, università per meglio soddisfare le esigenze dell’utenza.  Ammirevole è la sinergia attuata da circa un anno dall’Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico di Bari tra le cardiologie ospedaliere, pediatrica e generale, le U.O. chirurgiche, le cliniche pediatriche che, attraverso l’attività ambulatoriale cardiologica, cercano di garantire servizi efficienti ed efficaci ai piccoli pazienti ed alle loro famiglie. A livello personale ringrazio il Dott. Vairo

Un Congresso è il luogo dove ci si ritrova con amici e colleghi, quindi un momento di socializzazione aperta e confronto professionale. Di questo siamo grati alla Vs. spettabile Società che, sempre ha perseguito questa apertura.

Formulo i più fervidi auguri di successo di questa manifestazione, ringraziando il Presidente dell’opportunità concessa all’ANCE di incontro e scambio.

Attività cardiologica ambulatoriale. Il simbolismo del logo nella comunicazione visiva

Complici la tranquillità ed il senso di benessere che provo nel mio studio, dopo una intensa giornata di lavoro, in una sera di ottobre, mentre al computer preparavo la relazione per un importante congresso “Baricardiologia 2010” organizzato dalla nostra cardiologia, per dare forse maggiore senso di appartenenza ed attaccamento alla struttura nella quale quotidianamente, ancora con immutata passione ed entusiasmo, svolgo il mio ruolo professionale, mi è scattata l’idea di realizzare un’immagine simbolica, tipo crest militare o stemma, capace di richiamare immediatamente alla mente, con precisione ed immediatezza, il significato di una specifica attività professionale nel contesto del mio gruppo di lavoro. Trasmesso immediatamente, grazie al social network più usato, ad un collega, il dott. Sebastiano Cascella, il mio entusiasmo, in pochi minuti la bozza di un progetto di comunicazione visiva cominciava a prendere corpo. La fantasia, il vissuto ed il bagaglio di esperienze sono stati i veri artefici di questo logo che mi affretto a spiegare affinché il messaggio visivo possa avere un vero effetto comunicativo.
Le due U.O.C. di cardiologia ospedaliera e d’urgenza, come da previsione di un riordino aziendale, si fondano pur mantenendo le specifiche identità funzionali. Dalla fusione nasce una grande unità operativa complessa sotto un’unica direzione. La A bianca, che fuoriesce dal cuore in primo piano, rappresenta la struttura ambulatoriale, A come ambulatorio. Favorevole è anche la coincidenza della A con l’iniziale dell’attuale direttore, che è a capo di questa nuova realtà ospedaliera. Ancora A come autonomia che, pur nella subordinazione, abbia valore propositivo ed organizzativo, sempre integrata in un progetto corale dipartimentale, al fine di meglio valorizzare le risorse umane e di quella parte della dirigenza alla quale per anni è stata negata la possibilità di evidenziare le personali capacità.
A ogni singola struttura è stato attribuito un valore cromatico. Vediamo il significato dei colori. Forte richiamo all’identità nazionale, anche, in questo caso, la coincidenza dell’elaborazione del simbolo con la ricorrenza dei 150 anni dell’unità d’Italia. I colori sono quelli della bandiera ma vogliono essere portatori anche di altri messaggi. Il verde rappresenta l’ulivo, la pianta simbolo della nostra terra ed il suo prodotto, l’olio, che tanto giova al cuore. Il cuore verde corrisponde alla cardiologia d’urgenza, quindi la vitalità, considerata anche l’età più giovanile degli operatori in quell’unità, la speranza per il paziente che ricevere le prime cure. Il cuore rosso s’identifica con la cardiologia ospedaliera. Rosso come il sangue e come simbolo del coraggio del personale tutto che opera anche in situazioni estreme, spesso di disagio e di stress. Il bianco per la saggezza, maturità, necessarie e richieste, a chi quotidianamente, nell’esercizio dell’attività ambulatoriale evitata da molti perché dedicata prevalentemente a valutazioni preoperatorie ad alta valenza medicolegale, deve affrontare e risolvere situazioni delicate per i pazienti e per se stesso.
La cardiologia è inserita in un contesto aziendale globale. Ecco quindi i riferimenti all’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico di Bari.
Il crest militare o lo stemma sono sempre posti su un supporto raffigurante lo scudo. Il nostro lavoro non deve avere nulla di militare o bellico, anzi tutte le nostre capacità non devono essere disperse ma rinchiuse in una forma geometrica pura, perfetta ed ugualitaria come è il cerchio.
Infine il motto della struttura ambulatoriale. Due semplici verbi latini, all’infinito per non dare un limite temporale, uniti dalla congiunzione. Adiuvare, offrire aiuto e soccorso, valere, evidenziare capacità, professionalità, efficienza. La congiunzione “et” per rendere il tutto inscindibile e paritario.
A chi chiede lo scopo di questo lavoro voglio rispondere che l’obiettivo è formare un gruppo valorizzando le capacità singole. Condividere il messaggio comunicativo del simbolo per essere fieri dell’appartenenza a quella specifica Unità Operativa  e per sviluppare un clima di rispetto, solidarietà e serenità lavorativa. Fare non solo squadra per “adiuvare et valere” chi richiede la nostra opera, ma anche fare orchestra per  migliorare se stessi.

logo_ambulatorio_cardiologia

 

Autorità ed autorevolezza

L’esercizio dell’autorit
(da Avere o Essere? di Erich Fromm)

L’autorità quando è razionale si fonda sulla competenza, e aiuta a crescere coloro che a essa si appoggiano. L’autorità quando è invece irrazionale si basa sul potere e serve a sfruttare la persona che a essa è asservita. Gran parte dei membri di una società burocratica, ger…archicamente organizzata qual è appunto la nostra, esercita autorità, con l’eccezione di coloro che appartengono all’infimo livello sociale, e che sono soltanto oggetto di autorità. Nelle società più primitive viene esercitata dalla persona generalmente riconosciuta come competente: su quali doti si basi la competenza, dipende in larga misura dalle circostanze specifiche, ma generalmente nel novero devono rientrare esperienza, saggezza, generosità, abilità, «presenza» e coraggio. Presso molte di queste tribù, non esiste autorità permanente. Quando accade che le qualità su cui si fonda scompaiono o impallidiscono, l’autorità stessa ha fine. Secondo la modalità dell’essere l’autorità non è fondata soltanto sulla competenza dell’individuo per quanto riguarda l’assolvimento di certe funzioni sociali, ma anche, e nella stessa misura, sulla vera essenza di una personalità pervenuta a un alto grado di crescita e integrazione. Persone del genere irradiano autorità e non sono costrette a impartire ordini, a minacciare, a corrompere; si tratta di individui altamente sviluppati i quali dimostrano, con ciò che sono – e non principalmente con ciò che fanno o dicono -, quello che gli uomini possono essere. Il bambino, che ha bisogno di quest’autorità secondo la modalità dell’essere, reagisce a essa con grande entusiasmo, mentre si ribella alle pressioni o all’indifferenza di individui che, con il loro stesso comportamento, dimostrano di non aver compiuto a loro volta lo sforzo che pretendono dal figlio che cresce. In seguito alla formazione di società basate su un ordine gerarchico assai più ampio e complesso di quelle primitive, l’autorità basata sulla competenza cede il passo all’autorità basata sul rango sociale. Con questo, non si vuole dire che l’autorità esistente sia per forza di cose incompetente, ma soltanto che la competenza non costituisce un elemento essenziale dell’autorità. In gran parte delle società vaste e gerarchicamente organizzate si verifica il processo di alienazione dell’autorità, nel senso che la competenza iniziale, effettiva o presunta, viene trasferita all’uniforme o al titolo dell’autorità. Se questa veste la divisa appropriata o si fregia del titolo adeguato, tale segno esteriore di competenza prende il posto della competenza effettiva e delle relative qualità. Il fatto che la gente scambi uniformi e titoli per le effettive qualità della competenza non è qualcosa che accade di per sé. Coloro che possiedono questi simboli di autorità e coloro che ne beneficiano devono attutire il modo di pensare realistico, vale a dire critico, dei loro subordinati, e far sì che credano alla finzione. Chiunque si soffermi a riflettere su quanto s’è detto, si renderà conto delle macchinazioni della propaganda, dei metodi cui si fa ricorso per togliere di mezzo il giudizio critico, di come la mente, mediante il ricorso a cliché, venga addormentata e sottomessa, di come la gente sia resa ottusa perché diventi dipendente e perda la capacità di prestar fede ai propri occhi e alla propria capacità di giudizio. Si è così resi ciechi alla realtà dalla finzione in cui si crede.

Lo steriotipo del capo:AUTOREVOLE AUTORITARIO  PATERNALISTA  SFATICATO