Tutti gli articoli di Riccardo Guglielmi

Attività cardiologica ambulatoriale. Il simbolismo del logo nella comunicazione visiva

Complici la tranquillità ed il senso di benessere che provo nel mio studio, dopo una intensa giornata di lavoro, in una sera di ottobre, mentre al computer preparavo la relazione per un importante congresso “Baricardiologia 2010” organizzato dalla nostra cardiologia, per dare forse maggiore senso di appartenenza ed attaccamento alla struttura nella quale quotidianamente, ancora con immutata passione ed entusiasmo, svolgo il mio ruolo professionale, mi è scattata l’idea di realizzare un’immagine simbolica, tipo crest militare o stemma, capace di richiamare immediatamente alla mente, con precisione ed immediatezza, il significato di una specifica attività professionale nel contesto del mio gruppo di lavoro. Trasmesso immediatamente, grazie al social network più usato, ad un collega, il dott. Sebastiano Cascella, il mio entusiasmo, in pochi minuti la bozza di un progetto di comunicazione visiva cominciava a prendere corpo. La fantasia, il vissuto ed il bagaglio di esperienze sono stati i veri artefici di questo logo che mi affretto a spiegare affinché il messaggio visivo possa avere un vero effetto comunicativo.
Le due U.O.C. di cardiologia ospedaliera e d’urgenza, come da previsione di un riordino aziendale, si fondano pur mantenendo le specifiche identità funzionali. Dalla fusione nasce una grande unità operativa complessa sotto un’unica direzione. La A bianca, che fuoriesce dal cuore in primo piano, rappresenta la struttura ambulatoriale, A come ambulatorio. Favorevole è anche la coincidenza della A con l’iniziale dell’attuale direttore, che è a capo di questa nuova realtà ospedaliera. Ancora A come autonomia che, pur nella subordinazione, abbia valore propositivo ed organizzativo, sempre integrata in un progetto corale dipartimentale, al fine di meglio valorizzare le risorse umane e di quella parte della dirigenza alla quale per anni è stata negata la possibilità di evidenziare le personali capacità.
A ogni singola struttura è stato attribuito un valore cromatico. Vediamo il significato dei colori. Forte richiamo all’identità nazionale, anche, in questo caso, la coincidenza dell’elaborazione del simbolo con la ricorrenza dei 150 anni dell’unità d’Italia. I colori sono quelli della bandiera ma vogliono essere portatori anche di altri messaggi. Il verde rappresenta l’ulivo, la pianta simbolo della nostra terra ed il suo prodotto, l’olio, che tanto giova al cuore. Il cuore verde corrisponde alla cardiologia d’urgenza, quindi la vitalità, considerata anche l’età più giovanile degli operatori in quell’unità, la speranza per il paziente che ricevere le prime cure. Il cuore rosso s’identifica con la cardiologia ospedaliera. Rosso come il sangue e come simbolo del coraggio del personale tutto che opera anche in situazioni estreme, spesso di disagio e di stress. Il bianco per la saggezza, maturità, necessarie e richieste, a chi quotidianamente, nell’esercizio dell’attività ambulatoriale evitata da molti perché dedicata prevalentemente a valutazioni preoperatorie ad alta valenza medicolegale, deve affrontare e risolvere situazioni delicate per i pazienti e per se stesso.
La cardiologia è inserita in un contesto aziendale globale. Ecco quindi i riferimenti all’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico di Bari.
Il crest militare o lo stemma sono sempre posti su un supporto raffigurante lo scudo. Il nostro lavoro non deve avere nulla di militare o bellico, anzi tutte le nostre capacità non devono essere disperse ma rinchiuse in una forma geometrica pura, perfetta ed ugualitaria come è il cerchio.
Infine il motto della struttura ambulatoriale. Due semplici verbi latini, all’infinito per non dare un limite temporale, uniti dalla congiunzione. Adiuvare, offrire aiuto e soccorso, valere, evidenziare capacità, professionalità, efficienza. La congiunzione “et” per rendere il tutto inscindibile e paritario.
A chi chiede lo scopo di questo lavoro voglio rispondere che l’obiettivo è formare un gruppo valorizzando le capacità singole. Condividere il messaggio comunicativo del simbolo per essere fieri dell’appartenenza a quella specifica Unità Operativa  e per sviluppare un clima di rispetto, solidarietà e serenità lavorativa. Fare non solo squadra per “adiuvare et valere” chi richiede la nostra opera, ma anche fare orchestra per  migliorare se stessi.

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Autorità ed autorevolezza

L’esercizio dell’autorit�
(da Avere o Essere? di Erich Fromm)

L’autorità quando è razionale si fonda sulla competenza, e aiuta a crescere coloro che a essa si appoggiano. L’autorità quando è invece irrazionale si basa sul potere e serve a sfruttare la persona che a essa è asservita. Gran parte dei membri di una società burocratica, ger…archicamente organizzata qual è appunto la nostra, esercita autorità, con l’eccezione di coloro che appartengono all’infimo livello sociale, e che sono soltanto oggetto di autorità. Nelle società più primitive viene esercitata dalla persona generalmente riconosciuta come competente: su quali doti si basi la competenza, dipende in larga misura dalle circostanze specifiche, ma generalmente nel novero devono rientrare esperienza, saggezza, generosità, abilità, «presenza» e coraggio. Presso molte di queste tribù, non esiste autorità permanente. Quando accade che le qualità su cui si fonda scompaiono o impallidiscono, l’autorità stessa ha fine. Secondo la modalità dell’essere l’autorità non è fondata soltanto sulla competenza dell’individuo per quanto riguarda l’assolvimento di certe funzioni sociali, ma anche, e nella stessa misura, sulla vera essenza di una personalità pervenuta a un alto grado di crescita e integrazione. Persone del genere irradiano autorità e non sono costrette a impartire ordini, a minacciare, a corrompere; si tratta di individui altamente sviluppati i quali dimostrano, con ciò che sono – e non principalmente con ciò che fanno o dicono -, quello che gli uomini possono essere. Il bambino, che ha bisogno di quest’autorità secondo la modalità dell’essere, reagisce a essa con grande entusiasmo, mentre si ribella alle pressioni o all’indifferenza di individui che, con il loro stesso comportamento, dimostrano di non aver compiuto a loro volta lo sforzo che pretendono dal figlio che cresce. In seguito alla formazione di società basate su un ordine gerarchico assai più ampio e complesso di quelle primitive, l’autorità basata sulla competenza cede il passo all’autorità basata sul rango sociale. Con questo, non si vuole dire che l’autorità esistente sia per forza di cose incompetente, ma soltanto che la competenza non costituisce un elemento essenziale dell’autorità. In gran parte delle società vaste e gerarchicamente organizzate si verifica il processo di alienazione dell’autorità, nel senso che la competenza iniziale, effettiva o presunta, viene trasferita all’uniforme o al titolo dell’autorità. Se questa veste la divisa appropriata o si fregia del titolo adeguato, tale segno esteriore di competenza prende il posto della competenza effettiva e delle relative qualità. Il fatto che la gente scambi uniformi e titoli per le effettive qualità della competenza non è qualcosa che accade di per sé. Coloro che possiedono questi simboli di autorità e coloro che ne beneficiano devono attutire il modo di pensare realistico, vale a dire critico, dei loro subordinati, e far sì che credano alla finzione. Chiunque si soffermi a riflettere su quanto s’è detto, si renderà conto delle macchinazioni della propaganda, dei metodi cui si fa ricorso per togliere di mezzo il giudizio critico, di come la mente, mediante il ricorso a cliché, venga addormentata e sottomessa, di come la gente sia resa ottusa perché diventi dipendente e perda la capacità di prestar fede ai propri occhi e alla propria capacità di giudizio. Si è così resi ciechi alla realtà dalla finzione in cui si crede.

Lo steriotipo del capo:AUTOREVOLE AUTORITARIO  PATERNALISTA  SFATICATO

Frequenza bassa e cuore più sano

La frequenza cardiaca elevata a riposo è correlata ad un maggior rischio di mortalità cardiovascolare (1-4). In base ai dati epidemiologici si stima che una riduzione della frequenza cardiaca del 10-12% corrisponda ad una riduzione del 20-40% della morbilità/mortalità cardiovascolare.
Questa correlazione appare lineare e continua, indipendente da altri fattori cardiovascolari, dalla presenza di co-morbilità e dall’età. Una frequenza cardiaca superiore a 80 battiti al minuto è stata associata ad un aumentato rischio di rottura di placca coronarica in un follow up angiografico in soggetti senza stenosi coronariche significative. Tuttavia, non è possibile stabilire un valore soglia per definire l’alto rischio: esclusi i casi di bradiaritmie patologiche, più bassa è la frequenza cardiaca, minore è il rischio cardiovascolare (5).
La frequenza cardiaca elevata sarebbe l’effetto di un ipertono simpatico, promuoverebbe l’aterosclerosi e nei soggetti cardiopatici un pericoloso aumento del consumo di ossigeno e del rischio di aritmie (6). La frequenza cardiaca è un parametro di semplice rilevazione che può dare dunque informazioni importanti sul rischio cardiovascolare e consentire adeguate modificazioni degli stili di vita e delle terapie in corso.

Ad esempio, per ridurre la frequenza cardiaca a riposo va incoraggiata una graduale attività fisica aerobica quotidiana, l’uso di tecniche di rilassamento in caso di stress e vanno sconsigliati l’abuso di caffe, il fumo di tabacco (nicotina) e l’uso di droghe. Gli obesi vanno informati che il calo ponderale riduce la frequenza cardiaca e quindi vanno motivati a seguire una dieta ipocalorica.
Negli ipertesi con frequenza cardiaca a riposo di 85-90 battiti al minuto potrebbero essere preferiti come anti-ipertensivi i farmaci betabloccanti ed i calcioantagonisti non diidropiridinici.
In particolare, l’uso dei beta-bloccanti si è dimostrato capace di ridurre la mortalità nei pazienti con scompenso cardiaco cronico (7), come pure nei pazienti con infarto miocardico acuto e ipertensione arteriosa.

In soggetti sottoposti a misurazione della pressione arteriosa dovrebbe essere misurata sempre anche la frequenza cardiaca per almeno 30 secondi, attraverso la palpazione del polso radiale dopo almeno 5 minuti di riposo in ambiente tranquillo.
L’intervallo di normalità della frequenza cardiaca è di 60-80 battiti/minuto, sebbene nei soggetti che praticano attività sportiva possa presentare valori inferiori a 50 battiti/minuto e nei soggetti sedentari valori superiori a 80 battiti al minuto.
Bisogna escludere anche condizioni in grado di aumentare la frequenza cardiaca come febbre, anemia, ipossiemia, ansia, ipertiroidismo ed uso o abuso di farmaci come beta2-agonisti, levotiroxina, nicotina. Sebbene il valore predittivo dell’alta frequenza cardiaca per il rischio cardiovascolare sia considerato in diversi studi di pari importanza rispetto a quello del fumo di tabacco o dell’ipercolesterolemia, la frequenza cardiaca non viene ancora considerata come parametro di valutazione nelle carte del rischio cardiovascolare globale. Le evidenze epidemiologiche dovrebbero invece indurre a considerare nella pratica clinica la sistematica rilevazione di questo parametro, soprattutto nei pazienti cardiopatici. La frequenza cardiaca è infatti riconosciuta un fattore prognostico indipendente nei pazienti con coronaropatia (8).

Bibliografia

1 Cook S: High heart rate: a cardiovascular risk factor? Eur Heart J 2006, 27: 2387-93.
2 Seccareccia F: Heart rate as predictor of mortality: the MATISS project. Am J Public Health 2001, 91: 1258-63.
3 Palatini P: Elevated heart rate: a major risk factor for cardiovascular disease. Clin Exp Hypertens 2004, 26: 637-44.
4 Palatini P: La frequenza cardiaca: un fattore di rischio cardiovascolare che non può essere ignorato. G. Ital. Cardiol 2006, 7/2: 119-28.
5 Bentos A: Influence of heart rate on mortality in a french population. Hypertension 1999, 33: 44-52.
6 Tendera M: Heart rate reduction to treatment of stable angina. Eur Heart J 2005, 7: H3-6.
7 Metra M: COMET trial. Eur Heart J 2005, 26: 2259-68.
8 Diaz A: Long term prognostic value of resting heart rate in patients with coronary artery disease. Eur Heart J 2005, 26: 967-74.

Le top ten stories del 2008

Come tradizione vuole theheart ha stilato la lista delle Top ten stories in cardiologia del 2008.

1. JUPITER: nuovi scenari nelle prevenzione cardiovascolare primaria
Al congresso dell’AHA vengono presentati gli esiti dello studio JUPITER che confermano i benefici della statine nella prevenzione primaria. La comunità dei cardiologi si interroga sulle implicazioni delle nuove evidenze in salute pubblica dell’uso delle statine in prevenzione primaria, in particolare per quella fascia di popolazione considerata sana secondo le definizione convenzionali.

2. Questione aperte sull’atenololo: per i pazienti ipertesi è dannosa la riduzione della frequenza o lo è la terapia?
Una revisione sistematica condotta al St Luke’s Roosevelt Hospital e presentata sul Journal American College Cardiology conclude che abbassare la frequenza cardiaca con beta-bloccanti nei pazienti ipertesi potrebbe determinare un aumento del rischio di avere un evento cardiovascolare anche mortale. Alcuni esperti commentano che la maggior parte degli studi presi in esame nella revisione sistematica riguardano la terapia con atenololo. Resta quindi da indagare se per i pazienti ipertesi è dannoso la riduzione della frequenza di per sé o piuttosto se è dannoso il trattamento con questa molecola.

3. SYNTAX: angioplastica versus cardiochirurgia
All’European Society of Cardiology Congress fa discutere lo studio SYNTAX, disegnato con l’obiettivo di dimostrare la non-inferiorità dell’angioplastica rispetto alla cardiochirurgia nei pazienti con grave coronaropatia. I dati raccolti non dimostrano una equivalenza assoluta tra i due diversi interventi. Sembra che la cardiochirugia dia qualche chance in più al paziente con malattia coronarica plurivasale. Confrontando i rischi associati si riscontra che l’angioplastica può richiedere più rivascolarizzazioni, mentre l’intervento di cardiochirurgia si associa a un alto numero di ictus. Il SYNTAX apre le porte ad un’estensione dell’angioplastica? (ESC 2008)

4. SEAS: Vyctorin nelle acque agitate di SEAS
Lo studio SEAS conclude che la terapia antilipemica di combinazione ezemide non garantisce dei benefici aggiuntivi.  Ma quello che fa discutere è la sicurezza del Vyctorin: l’analisi dei dati sulla mortalità per cancro dello studio SEAS con quelli di altri due studi in fase di conduzione emerge un aumento della mortalità per cancro nei pazienti trattati con ezemide. Resta da capire se il dato è il frutto del caso, come sostengono gli autori dello studio SEAS, oppure vi è una correlazione. L’editoriale che accompagna la pubblicazione dello studio SEAS sul NEJM commenta che sicurezza ed efficacia dell’ezemide restano incerti.

5. DIRECT: la dieta migliore per il cuore
Il Dietary Intervention Randomized Controlled Trial sugli esiti delle diete ipocaloriche per la prevenzione cardiovascolare conclude che la dieta mediterranea e la dieta a basso tenore di carboidrati sul lungo periodo sono le più efficaci perché facilitano il controllo della glicemia e del colesterolo. La dieta a basso contenuto di grassi fa perdere peso ma restituisce un quadro dei valori meno equilibrato. Andrebbe dunque messo in discussione il paradigma del low-fat. “I dati ci suggeriscono di verificare le condizioni del paziente e di scegliere per ciascuno la tipologia di
dieta più adatta. Dobbiamo ricordare a tutti, medici e pazienti, che l’obiettivo di una dieta non è tanto perdere peso quanto ridare equilibrio al corpo, acquisire un corretto stile alimentare e mantenerlo nel tempo”, hanno dichiarato gli autori dello studio.

6. TIM RUSSERT: i giornalisti si interrogano sulla morte improvvisa di un collega
La morte improvvisa del giornalista Tim Russert all’età di 58 anni per una attacco di cuore ha sollevato un dibattito sulla stampa e altri canali di comunicazione sulle malattia cardiovascolare e i fattori di rischio prevenibili. I giornalisti si interrogano sull’accaduto, chiedendo ai cardiologi se la morte del loro collega Russert era prevenibile.

7. ATHENA: il dronedarone promette bene
Sicurezza ed efficacia del dronedarone per i pazienti anziani con fibrillazione atriale. Considerata come una alternativa all’amiodarone per mantenere il ritmo sinusale, il dronedarone ha dimostrato di poter ridurre significativamente il rischio di morte cardiovascolare del 30 per cento e del 20 per cento i ricoveri rispetto alle migliori terapie di riferimento, compresi i farmaci per il controllo della frequenza e i farmaci antitrombotici. Le prove vengono dallo studio ATHENA condotto in una popolazione molto anziana a medio-alto rischio e presentato all’Heart Rhythm Society 2008 Scientific Sessions.

8. ONTARGET: messaggi chiari da studi ben condotti
L’American College of Cardiology 2008 Scientific Sessions del 2008 è stata l’occasione per presente i risultati dello studio ONTRAGE pubblicati in contemporanea sul NEJM. Sembra che sia condivisa l’opinione che il megatrial arrivi a risultati chiari sul trattamento di pazienti con coronaropatia o diabete più fattori di rischio cardiovascolare aggiuntivi, ma senza evidenza di scompenso cardiaco. Il telmisartan è non-inferiore al ramipril, mentre la loro associazione porta a maggiori effetti collaterali senza benefici aggiuntivi. La discussione rimane su come dovrebbe essere condotta la scelta iniziale tra ACE inibitore e bloccanti dei recettori dell’angiotensina.

9. ENHANCE: ridurre è meglio ma dipende come
Il NEJM pubblica i risultati di ENHANCE presentati all’ACC 2008  che aprono un nuovo quesito sulla prevenzione della progressione della placca. I dati non di ENHANCE non rilevano tra la terapia combinata Vitoryn (simvastatina/ezetimibe) e la monoterapia (simvastatina ad alte dosi) differenze significative sulla placca ateromasica a livello carotideo nei pazienti con ipercolesterolemia familiare. Limitatamente alla progressione della placca, l’aggiunta di ezetimibe non sembra dare vantaggi aggiuntivi nella trattamento con statine in pazienti ipercolesterolemia familiare. Rimane aperto il quesito sul significato dei risultati per la pratica clinica. Si riapre così il delicato dibattito sull’ipotesi del colesterolo LDL, secondo il quale “ridurre è meglio”: anche la modalità con cui raggiungere il risultato di abbassare la colesterolemia è importante. Alcune terapie potrebbero rivelarsi infatti più efficaci e sicure di altre.  Diversi i pareri sulla questione.

10. Stop allo studio ACCORD
Lo studio Action to Control Cardiovascular Risk in Diabetes (ACCORD) sponsorizzato dal National Institutes of Health statunitense viene interrotto anticipatamente per un eccesso di mortalità nel braccio a controllo di diabetici trattato con una terapia ipoglicemizzante troppo intensiva. I risultati deludenti e inaspettati meritano una riflessione approfondita sul come e perché sono morti i pazienti trattati con maggiore aggressività e mettono in discussione le credenze ormai radicate sui rapporti fra gravità del diabete e sviluppo o peggioramento di macro e microangiopatia.