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Menopausa, Se la conosci vivi bene

Con il termine menopausa si suole indicare la scomparsa del ciclo mestruale secondaria a marcata riduzione dell’attività ormonale ovarica. Con il termine premenopausa o climaterio, si deve indicare il periodo di passaggio durante il quale la donna perde la funzione riproduttiva, mentre con postmenopausa s’indica il tempo che inizia un anno dopo l’ultima mestruazione e la senilità. L’età della menopausa è intorno ai 50 anni. Tale valore non ha subito eccessivi spostamenti dal medioevo ai nostri giorni, mentre ciò che è mutato, per l’allungamento della vita media della donna, è la quantità di vita della donna in menopausa. Ora si può affermare che la donna trascorre 1/3 della propria esistenza in menopausa. La caduta degli estrogeni prodotti dalle ovaie produce una serie di modificazioni psicologiche e fisiopatologiche nell’universo donna. La donna s’identifica sin dalla pubertà nel ruolo di madre. La consapevolezza di aver perso questa capacità causa, se non si è sufficientemente preparate, una serie di stati depressivi che possono determinare somatizzazione d’organo.

La donna sembra vedersi continuamente in uno specchio che diventa lo schermo della sua vita. Ripercorre l’adolescenza, la maturità sessuale e si sente invecchiata. Comincia a temere il confronto con il partner, a trovare poco piacere nel rapporto sessuale. La perdita degli estrogeni azzera quella naturale protezione verso le malattie cardiovascolari che la donna in generale possiede durante il periodo della capacità riproduttiva.

Quali sono i sintomi della menopausa?

Possiamo distinguerli in precoci (45-50 anni), intermedi (50-60 anni) e tardivi oltre i 60 anni. I primi sono caratterizzati dalle caldane, in pratica, vampate di calore e sudorazioni. Compare insonnia, sintomatologia di tipo psicologico e spesso ipertensione arteriosa. I sintomi intermedi cominciano ad interessare le strutture connettivali con comparsa d’incontinenza urinaria, atrofia delle mucose, vaginale in particolare. I sintomi tardivi sono secondari all’osteoporosi, la perdita di minerali e proteine dalle ossa, ed a disturbi cardiovascolari.

Importanti sono i sintomi comportamentali poiché incidono negativamente sulla qualità di vita femminile. La menopausa, che in molti casi coincide con il pensionamento, non deve essere vista come un decadimento dell’aspetto fisico e conseguente perdita dell’attrattiva sessuale. Il vissuto ed il livello culturale incidono sempre in positivo. Il tramonto biologico non deve coincidere con quello sociale e sessuale.

La menopausa deve essere vista come un fase fisiologica, un gradino per una nuova vita ricca di scoperte e sensazioni. E’ il momento da dedicare più tempo a se stesse.

La dieta ha un ruolo fondamentale. Il latte è ricco di calcio, utilissimo per combattere l’osteoporosi. La frutta, la verdura, gli alimenti poveri di grassi saturi e colesterolo possono ostacolare gli aumentati rischi di malattie cardiovascolari. Il sano esercizio fisico mantiene in forma l’apparato muscolare e scheletrico.

 

In menopausa sono necessari controlli medici ?

Certo numerosi sono i protocolli diagnostici. La visita ginecologica, un esame completo di laboratorio che preveda almeno l’emocromo, la glicemia, gli elettroliti, il dosaggio del colesterolo HDL e LDL ed infine un controllo cardiologico, devono essere effettuati ogni anno.

Esiste una terapia?

Subito si è pensato ad una terapia alternativa alla carenza di estrogeni con somministrazioni ormonali per os o transdermici con cerotti. La terapia va personalizzata da uno specialista e vanno considerati i rischi di insorgenza di neoplasie mammarie o uterine. Attualmente per ridurre il rischio neoplastico si associano preparati progestinici. L’aggiunta di calcitonina combatte l’osteoporosi.

Sono utili sedativi a basse dosi, ed in caso di ipertensione arteriosa la scelta della terpia deve cadere su molecole che non aggravano le alterazioni metaboliche ed elettrolitiche tipiche della menopausa.

Attenti al colesterolo, l’infarto è in agguato

Il colesterolo, un composto organico di natura lipidica, è uno dei fattori di rischio più importanti per la formazione della placca aterosclerotica la responsabile dell’ostruzione dei vasi arteriosi e dell’alterato rifornimento d’ossigeno ai tessuti degli organi.

L’alterazione del flusso nelle arterie coronarie, i vasi del cuore, determina angina pectoris, infarto del miocardio, aritmie gravi e minacciose per la vita.

L’epidemiologia, la scienza che studia la diffusione delle malattie sulla popolazione, ha dimostrato che l’incidenza delle patologie coronariche è funzione dell’aumento del tasso di colesterolo ematico e che la sua riduzione ne determina un sensibile calo.

Il valore massimo del colesterolo, che recenti simposi clinici hanno fissato in 200mg% per la popolazione esente manifestazioni cliniche (prevenzione primaria) e 160mg% in pazienti già colpiti dalla malattia aterosclerotica (prevenzione secondaria), non deve diventare una mania per molti o un dramma per altri.

Se tutti ci sottoponessimo ad un esame, il tasso di colesterolo risulterebbe nella maggioranza dei casi superiore ai valori previsti dalla comunità scientifica. La colpa?

Prima di tutto dell’alimentazione, del nostro innaturale stile di vita, dei fattori genetici e della concomitanza d’altri fattori di rischio come l’ipertensione arteriosa ed il fumo.

Allo stato attuale poco si può fare sui fattori genetici, anche se i nuovi studi lasciano prevedere buone speranze, molto invece si può e si deve fare modificando lo stile di vita ed intervenendo sull’alimentazione.

Evitiamo i grassi animali, il burro per esempio. Sostituiamolo con il nostro olio d’oliva, ricco tra l’altro di vitamina E, la vitamina anti – ossidante che si oppone all’invecchiamento.   Usiamo il latte scremato e scegliamo formaggi magri come la ricotta. Riduciamo il consumo eccessivo di pasta, pane, carni. Preferiamo il pesce, meglio quello azzurro, inserendo più verdure e fibre nella nostra dieta. Evitiamo gli alcolici limitandoci al consumo di ½ bicchiere di vino, meglio quello rosso, al pasto principale. Basta passare a ciò che noi meridionali abbiamo inventato, la dieta mediterranea, da nominare, al più presto, ambasciatore di buona salute in tutto il mondo.

La dieta è importante ma ha bisogno di un compagno ideale. L’esercizio fisico.

Certo per abbassare significativamente il colesterolo è necessario uno sforzo aerobico impegnativo come la corsa, il nuoto, il ciclismo, ma non dobbiamo ignorare l’effetto favorevole, anche sul piano psicologico, del regolare impegno fisico, come la passeggiata o il frequentare una palestra.

Infine cosa fare quando la dieta e l’esercizio fisico non sono sufficienti? L’aiuto in questo caso ci viene dato dalla ricerca scientifica. Molecole come le Statine ed i Fibrati sono i farmaci ideali per il controllo dell’assetto lipidico.

Le malattie coronariche rappresentano la causa più alta di mortalità e morbilità nei paesi occidentali e pertanto riducendo il colesterolo si agirà favorevolmente sulla spesa sanitaria, proprio in un momento in cui il controllo delle risorse diventa un obiettivo comune di tutte le forze politiche.

Conoscere per prevenire e vivere meglio

Le malattie cardiovascolari rappresentano la causa di morbilità e mortalità statisticamente più significativa nei paesi occidentali. Un trend d’incremento costante è stato osservato nell’ultimo decennio anche se da pochi anni, grazie alla prevenzione, la tendenza sembra in fase di riduzione. Sono patologie di grande impatto sulla popolazione sia nell’espressione clinica acuta sia in quella cronica. La quantità e la qualità di vita dell’individuo sono modificate. Notevole è il consumo di risorse. Alto è il costo sociale.

Le cause delle patologie cardiovascolari non sono numerose, ma tutte rapportabili alla presenza dei fattori di rischio la cui continua identificazione è il compito della ricerca clinica ed osservazionale. Le cause principali sono il naturale deterioramento dell’apparato cardiovascolare, l’aterosclerosi, la trombosi, la genetica.    I fattori di rischio rappresentano degli indicatori la cui presenza determina la comparsa e la progressione delle alterazioni organiche e funzionali. Mai come in questo caso la medicina segue modelli matematici. L’incremento di uno o più fattori di rischio e le patologie seguono la regola della proporzionalità diretta ed esponenziale, la riduzione quella della proporzionalità inversa. Gli indicatori del rischio cardiovascolare si possono suddividere in due grandi gruppi: modificabili e non modificabili. I fattori di rischio non modificabili sono legati alla componente genetica, alla famigliarità, all’età, alle alterazioni metaboliche e coagulative. Su questi fattori oggi poco si può fare anche se il futuro lascia prevedere interventi d’ingegneria genetica. Adesso è importante l’osservazione, la cura delle malattie metaboliche e la prevenzione primaria come lo screening delle famiglie a rischio. Il corretto trattamento dell’ipertensione arteriosa, vero denominatore comune di una patologia complessa ad eziologia genetica, può rallentare il danno d’organo in generale e dell’apparato cardiovascolare in particolare. L’essere di sesso maschile e la menopausa nella donna rappresentano già situazioni a rischio.  Poco c’è concesso sul rischio non modificabile. Molto possiamo fare su quello modificabile. L’aumento del peso corporeo, il fumo, l’abuso d’alcool, alcune droghe in particolare, lo stress, il trascurare le alterazioni metaboliche come il diabete e le dislipidemie, l’ipertensione arteriosa, sono tutti fattori che agiscono sull’insorgenza, anche in soggetti giovani, di malattie coronariche. Correggere il nostro stile di vita, seguire un regime alimentare più idoneo, abolire il fumo, moderare il consumo d’alcool, favorire l’attività fisica, diminuire le situazioni di stress, mantenere il tasso di colesterolo sotto i 200mg% e la pressione arteriosa intorno ai 140/85 mmHg, sono le condizioni indispensabili per rallentare il naturale processo d’invecchiamento dell’apparato cardiovascolare e ridurre l’incidenza di situazioni patologiche.  La prevenzione rappresenta la strategia vincente.  Prevenire le malattie prima della comparsa delle alterazioni organiche e strutturali che potrebbero essere responsabili di manifestazioni cliniche drammatiche come l’infarto del miocardio e l’ictus cerebrale. Prevenire le complicanze e le successive situazioni patologiche che la storia naturale di una di una malattia già insorta comporta. Nel primo caso l’intervento è considerato di prevenzione primaria. Il campione più alto numericamente è rappresentato da una popolazione apparentemente sana. L’analisi dei costi, a prima vista, può sembrare alta.  Nel secondo caso si compie un intervento di prevenzione secondaria. Il campione è ridotto ma le situazioni di trattamento prevedono singoli interventi su patologie di alto impiego di risorse economiche e sociali.

La prevenzione primaria esegue interventi di controllo e di comunicazione. La prevenzione secondaria compie interventi diagnostici, clinici e farmaceutici. Spendere in prevenzione primaria significa risparmiare sulla spesa ospedaliera e farmaceutica, migliorare la qualità di vita dei soggetti a rischio. I media, le associazioni culturali e scientifiche, la scuola, i gruppi industriali alimentari molto possono e devono fare nell’interesse della collettività.