Le malattie cardiovascolari rappresentano la causa di morbilità e mortalità statisticamente più significativa nei paesi occidentali. Un trend d’incremento costante è stato osservato nell’ultimo decennio anche se da pochi anni, grazie alla prevenzione, la tendenza sembra in fase di riduzione. Sono patologie di grande impatto sulla popolazione sia nell’espressione clinica acuta sia in quella cronica. La quantità e la qualità di vita dell’individuo sono modificate. Notevole è il consumo di risorse. Alto è il costo sociale.
Le cause delle patologie cardiovascolari non sono numerose, ma tutte rapportabili alla presenza dei fattori di rischio la cui continua identificazione è il compito della ricerca clinica ed osservazionale. Le cause principali sono il naturale deterioramento dell’apparato cardiovascolare, l’aterosclerosi, la trombosi, la genetica. I fattori di rischio rappresentano degli indicatori la cui presenza determina la comparsa e la progressione delle alterazioni organiche e funzionali. Mai come in questo caso la medicina segue modelli matematici. L’incremento di uno o più fattori di rischio e le patologie seguono la regola della proporzionalità diretta ed esponenziale, la riduzione quella della proporzionalità inversa. Gli indicatori del rischio cardiovascolare si possono suddividere in due grandi gruppi: modificabili e non modificabili. I fattori di rischio non modificabili sono legati alla componente genetica, alla famigliarità, all’età, alle alterazioni metaboliche e coagulative. Su questi fattori oggi poco si può fare anche se il futuro lascia prevedere interventi d’ingegneria genetica. Adesso è importante l’osservazione, la cura delle malattie metaboliche e la prevenzione primaria come lo screening delle famiglie a rischio. Il corretto trattamento dell’ipertensione arteriosa, vero denominatore comune di una patologia complessa ad eziologia genetica, può rallentare il danno d’organo in generale e dell’apparato cardiovascolare in particolare. L’essere di sesso maschile e la menopausa nella donna rappresentano già situazioni a rischio. Poco c’è concesso sul rischio non modificabile. Molto possiamo fare su quello modificabile. L’aumento del peso corporeo, il fumo, l’abuso d’alcool, alcune droghe in particolare, lo stress, il trascurare le alterazioni metaboliche come il diabete e le dislipidemie, l’ipertensione arteriosa, sono tutti fattori che agiscono sull’insorgenza, anche in soggetti giovani, di malattie coronariche. Correggere il nostro stile di vita, seguire un regime alimentare più idoneo, abolire il fumo, moderare il consumo d’alcool, favorire l’attività fisica, diminuire le situazioni di stress, mantenere il tasso di colesterolo sotto i 200mg% e la pressione arteriosa intorno ai 140/85 mmHg, sono le condizioni indispensabili per rallentare il naturale processo d’invecchiamento dell’apparato cardiovascolare e ridurre l’incidenza di situazioni patologiche. La prevenzione rappresenta la strategia vincente. Prevenire le malattie prima della comparsa delle alterazioni organiche e strutturali che potrebbero essere responsabili di manifestazioni cliniche drammatiche come l’infarto del miocardio e l’ictus cerebrale. Prevenire le complicanze e le successive situazioni patologiche che la storia naturale di una di una malattia già insorta comporta. Nel primo caso l’intervento è considerato di prevenzione primaria. Il campione più alto numericamente è rappresentato da una popolazione apparentemente sana. L’analisi dei costi, a prima vista, può sembrare alta. Nel secondo caso si compie un intervento di prevenzione secondaria. Il campione è ridotto ma le situazioni di trattamento prevedono singoli interventi su patologie di alto impiego di risorse economiche e sociali.
La prevenzione primaria esegue interventi di controllo e di comunicazione. La prevenzione secondaria compie interventi diagnostici, clinici e farmaceutici. Spendere in prevenzione primaria significa risparmiare sulla spesa ospedaliera e farmaceutica, migliorare la qualità di vita dei soggetti a rischio. I media, le associazioni culturali e scientifiche, la scuola, i gruppi industriali alimentari molto possono e devono fare nell’interesse della collettività.