Ieri Angeli oggi Demoni
Siamo nel pieno della seconda ondata della pandemia di Covid 19 ed è bastato che la classe medica italiana denunciasse le tante criticità che ci stanno portando a vivere con maggiore affanno e tensione questi momenti, che gli Angeli diventassero Demoni.
Hanno cominciato infermieri e medici silenziosamente, in divisa da lavoro, distanziati e con mascherina, già a giugno a Milano a evidenziare la mancanza di una gestione efficace per arginare il contagio, il non aver saputo migliorare le condizioni di sicurezza per gli operatori e per le persone malate, il non aver voluto rispettare le promesse di un incentivo economico almeno per le figure professionali più deboli. Da quel giorno dagli applausi si è passato ai fischi, dai saluti ai calci sulle ambulanze. Gli Angeli sono diventati terroristi, agenti di una Spectre pronta a gettare nel panico la popolazione e creare le basi per un nuovo ordine mondiale dove diritti e progressi sociali dovevano essere sacrificati sull’altare di una dittatura sanitaria. Amministratori, media, hanno dato voce a pseudo scienziati e fatto dilagare teorie contrapposte sino al permettere il proliferare di sciocchi negazionisti, mentre a tutt’oggi il 10% degli operatori sanitari è contagiato e 200 medici sono caduti nell’esercizio delle loro funzioni.
Alla sacrosanta indignazione per i commenti sui molti medici di medicina generale che non rispondono al telefono sempre occupato, alle ambulanze in coda, ai tanti malati lasciati soli con un’assistenza ridotta, non vi è alcun accenno che gli operatori della sanità impegnati nei teatri operativi denunciano che il sistema à al collasso e i provvedimenti non sembrano andare nella giusta direzione. Gli Italiani non cantano più dai balconi, negli ospedali non si legge più #AndràTuttoBene e chi si lamenta, non è altro che un mangiapane a tradimento con lo stipendio fisso.
Medici e infermieri non vogliono una nuova Caporetto e prima che sia troppo tardi è necessario preparare la difesa su queste 3 linee di programmazione. La prima è il recupero delle risorse umane. Gli operatori della Sanità in Italia sono pochi. Non bastano gli appelli ai volontari e ai pensionati da inserire nei reparti Covid; un medico pensionato ha almeno 67 anni ed è già in categoria fragile. Dobbiamo arruolare e formare presto giovani per l’inserimento nei ruoli tecnici e nei tanti servizi, attingendo e motivando tante figure professionali che potrebbero dare una mano. Biologi, farmacisti, veterinari, tecnici, gli psicologi per la comunicazione e l’assistenza post ospedaliera, studenti universitari, cassintegrati e quanti sono senza un’occupazione o peggio percepiscono mancette ed elemosine che favoriscono precarietà, lavoro nero, illegalità. Tutti possono trovare una dignitosa sistemazione, in un momento che l’ammalato è solo, ai familiari è negato l’accesso e non c’è tempo e uomini per una corretta comunicazione. Occasione unica per implementare le USCA territoriali, le unità addette alla sorveglianza dei contagiati e dei paucisintomatici nel proprio domicilio. Solo così potrà essere decongestionato il lavoro dei medici di medicina generale che potranno così dedicarsi ai malati non Covid. È bene rilevare che tutte le altre patologie non sono in ferie. E quanto tutto sarà passato questo inserimento nel sistema deve diventare titolo valoriale per l’assunzione definitiva nei ruoli senza tanta burocrazia. Potremmo disporre di un “corpo di riservisti” da dispiegare nel futuro in analoghe situazioni o nelle campagne di vaccinazioni. La seconda linea è il recupero delle infrastrutture. Ospedali dismessi e non riconvertiti, un esempio per tutti l’Ospedale Militare di Bari, (struttura architettonica ideale per viabilità, facilità di accesso, creazione di percorsi e aree differenziate), ospedali accreditati che svolgono un servizio di pubblica utilità, servono in questo momento per creare nuovi posti letto con graduazioni di cure diverse, dall’osservazione alle terapie intensive. Dobbiamo costruire tante Strutture di prossimità cioè ambienti sociali dedicati a cure e diagnosi, moduli campali rapidamente componibili per un’utenza auto trasportata che rapidamente possa essere registrata, sottoposta ai tamponi e, dopo una breve attesa in aree dedicate, uscire se negativa, rientrare attraverso su altro percorso per il proseguimento diagnostico e, se necessario, terapeutico. La terza linea è quella dell’intervento sulle metodiche di diagnosi e cura. Gli amministratori e i tanti comitati tecnici, spesso in contraddizione tra loro, diano direttive univoche a cominciare dai test molecolari, antigenici e sierologici considerando che solo tracciando l’interra popolazione si possono circoscrivere le aree e non far progredire il contagio. Sono necessarie linee guida per gli operatori e per tutta la popolazione con priorità per categorie a rischio e a maggiore fragilità. Sono urgenti protocolli per i trattamenti terapeutici differenziati per gravità di sintomi, dall’assistenza domiciliare, ospedaliera e post ospedaliera. Ai trattamenti terapeutici devono associarsi protocolli diagnostici per evitare sprechi, ripetitività, affollamento. È il momento che chi ha potere decisionale si rilegga l’articolo 120 comma 2 della nostra Costituzione che, pur nel rispetto delle autonomie regionali, permette allo Stato di creare una vera e unica cabina di regia formata da donne e uomini esperti nella gestione delle calamità naturali, dai terremoti, alle tante alluvioni e alle tante epidemie nel mondo. Una scelta che tenga conto del merito e non dell’appartenenza a movimenti, partiti e sindacati, forse attingendo a quella Sanità Militare Italiana che per umanità, efficienza e professionalità riceve consensi in tutte le aree d’impiego. I medici e gli infermieri non sono terroristi o Cassandre. Fanno solo, tra tante difficoltà la più nobile professione del mondo. Gli applausi non sono necessari, ma il rispetto sì.
Alle donne e agli uomini che hanno potere decisionale l’invito a parlare meno, agire di più, programmare meglio.